24 Febbraio 2017
RISO, È INVASIONE DI CHICCHI STRANIERI E SI MOLTIPLICANO GLI ALLARMI SANITARI
  • Obbligo di indicare in etichetta la provenienza del riso.
  • Pubblicità dei nomi delle industrie che utilizzano chicchi stranieri. 
  • Interventi comunitari tempestivi ed efficaci nei confronti delle importazioni incontrollate, che prevengano il rischio di perdite economiche per i risicoltori e non agiscano quando i danni si sono già verificati.

Solo così, secondo Coldiretti, si può difendere la risicoltura italiana, una realtà da primato per qualità, tipicità e sostenibilità. «In questo senso – sottolinea Wilma Pirola, presidente di Coldiretti Pavia – la clausola di salvaguardia, già rifiutata dall’Unione Europea senza una quantificazione evidente dei danni, dovrebbe essere applicata con una procedura più efficace».

Pavia è la prima provincia risicola d’Europa, con una superficie coltivata di 85mila ettari, 1.500 aziende risicole e una produzione annuale media che supera i cinque milioni di quintali. Ma nel 2016 l’import di chicchi stranieri è esploso: gli arrivi dal Vietnam sono cresciuti del 489%, quelli dalla Thailandia del 46%. E intanto si moltiplicano anche gli allarmi sanitari da contaminazione per il riso importato in Europa (ben 12, secondo i dati del Sistema di allarme rapido europeo), mettendo in pericolo la salute dei consumatori.

«L’arrivo dall’estero di riso lavorato Indica sta provocando un sempre maggiore spostamento delle semine verso la varietà Japonica, con gravi squilibri di mercato – sottolinea Rodolfo Mazzucotelli, direttore di Coldiretti Pavia – Questa situazione mette a rischio il lavoro di numerose aziende agricole e dell’intera filiera. E per di più l’abolizione dei dazi finisce per favorire solo le multinazionali del commercio senza ricadute concrete sugli agricoltori dei Paesi Meno Avanzati, che subiscono lo sfruttamento del lavoro anche minorile e i danni sulla salute e sull’ambiente provocati dall’impiego intensivo di prodotti chimici vietati in Europa».

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